Diario di viaggio Nepal

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Verso Pokhara

26 giugno 2022

Ieri sera sono entrato in Nepal, sono stanco ma fiducioso, i primi segnali sono positivi.
Alla mattina il bel giardino dell’ostello e il sole sono di buon auspicio. Esco a piedi, l’ATM funziona e prelevo dei soldi, vado in un negozio di telefonia e in 10 minuti ho la SIM con 20 GB per soli 4€, non c’è confusione per strada, in moto è obbligatorio il casco (solo per il conducente 🤔)…, Insomma, tutto sta assumendo un aspetto più normale.
Decido di partire per Pokhara, sono solo 180 km, anche se Google Maps mi dice che ci vogliono 5 ore, chissà perché. Dopo meno di 10 chilometri sono già in mezzo alle montagne, la strada è tortuosa e soprattutto per lunghi tratti non asfaltata. Adesso ricordo le parole del doganiere, la notte prima “landslides…, landslides”… È così, la strada è continuamente interrotta da frane del terreno che si vengono a creare a causa delle piogge monsoniche.
Inizia la corsa ad ostacoli, con la mi Vespa, 1a, 2a, 1a e così via per chilometri e chilometri. Camion, fuoristrada e pullman sono tutti costretti a muoversi quasi a passo d’uomo per le buche e spesso per il fango che genera ingorghi immani. Di buono c’è che panoramicamente la strada è molto bella, ad ogni curva scorci nuovi e molto diversi da quanto visto in Iran, Pakistan ed India.
Passano le ore, non so quante e non so quanti dei 180 km ho fatto, ho un po’ timore a guardare il navigatore, non voglio rimanere deluso. La curiosità però è tanta e quindi cedo alla tentazione…, 90 km, speravo di più.
A questo punto è meglio fermarsi un po’ a riposare e a mangiare qualcosa. Mi fermo al primo posto che trovo, semplice ma accogliente, con finestra con vista sulle montagne. I gestori sono gentili, nepalesi, si siedono a tavola con me e chiacchieriamo, mi fanno provare dei loro piatti tipici. Purtroppo non posso fermarmi molto, la strada è ancora tanta e non posso arrivare con il buio.
Sono le 17.00 e finalmente arrivo a Pokhara, sento che ho il viso pieno di terra e il mio giubbino ha il colore beige della sabbia Mi dirigo al Lakeside del Fewa Lake, mi piace, turistico il giusto, bella atmosfera…, Si percepisce che è la base di partenza e arrivo per i trekking himalaiani.
Mi fermo per prendere un caffè prima di cercare l’ostello e parcheggio dietro a un coloratissimo taxi. Mentre sono seduto all’esterno di un bar, gustandomi tra l’altro un muffin che non mangiavo da tempo, la gente comincia ad avvicinarsi alla Vespa e a curiosare. Fanno foto, mi vedono e mi chiedono di fare delle foto con me, anche un poliziotto, sono tutti colpiti dalle marce sul manubrio… Faccio sempre fatica a convincerli a non toccare. Provo una sensazione di appagamento ai tanti sforzi fatti e alle difficoltà superate.
L’ostello è vicino, ottimo parcheggio interno e buona sistemazione, con un terrazzo sul tetto molto piacevole.
Decido di fermarmi tre giorni a ricaricare le batterie, concedendomi lunghe passeggiate sul lungo lago e nelle vie del centro. In serata, al tramonto, sono rapito dai colori delle pagode che si specchiano nel lago, mi perdo immerso a fare fotografie, a provare inquadrature e contrasti diversi.
La mattina seguente, mentre passeggio incontro due runners, li “aggancio” ed iniziamo a parlare, lui e Michael, tedesco, lei è Meggy keniota. Vivono insieme da 7 anni a Dubai e sono a Pokhara in vacanza; qualche battuta, qualche risata e ci salutiamo. Al pomeriggio, tramite il mio sito vespup.com, mi contattano e così passiamo piacevolmente insieme anche la serata in un locale del centro.
Come tutte le notti piove, ma per fortuna la mattina smette, io ho deciso di partire per Katmandu, 210 km con il timore “landslides”.
Parto presto, alle 7.30 del mattino sono già in movimento. Stessa situazione di qualche giorno prima, strada leggermente migliore, ma molto più traffico… Risultato: 25 kmh di media e 9 ore per arrivare a destinazione.
Trovo un ostello spettacolare, il Flock, indicatomi da una ragazza conosciuta a Pokhara. Prenoto prima una notte, poi altre tre e adesso ne blocco altre 5, è la mia base per la visita della città e dei dintorni.
Da quì sto studiando le diverse possibilità di prosecuzione del mio viaggio che purtroppo presentano tutte delle difficoltà a causa della chiusura del Myamar che via terra non è attraversabile in nessun modo ed è un passaggio obbligato per il sud est asiatico. Ma di questo ne parlerò non appena avrò le idee più chiare sulle possibili opzioni.

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